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Abstract
Nelle Troiane (415 a.C.) Euripide assegna uno spazio eccezionale alle situazioni dolorose e allo stato d’animo dei personaggi – le donne ridotte in schiavitu –, il cui intenso pathos trova il suo sbocco naturale nell’effusione lirica del canto assolo e dell’amebeo. Tuttavia, in forte contrasto con la rappresentazione della sofferenza patita dalle donne troiane si pone la messa in scena del personaggio di Cassandra, realizzata attraverso una notevole varieta di registri espressivi e performativi. In particolare, nel presente lavoro si propone la lettura metrica e drammaturgica della monodia di Cassandra, che costituirebbe una testimonianza significativa della sperimentazione teatrale euripidea.