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Abstract
Il testo si presenta come un corpo, che viene plasmato dall’ambiente culturale di cui è espressione e che porta su di sé l’impronta di chi lo genera. La traduzione è un viaggio, tra mondi, esperienze di significato, interpretazioni, diversi. Nel momento in cui vive questa esperienza, una sorta di migrazione verso un altro universo di significato, il libro-corpo si trova a dover vivere un processo di inclusione, in un nuovo mondo, che può anche non accettarlo per quello che è e segnarlo, cercare di renderlo più simile a ciò che è conosciuto e, quindi, rassicurante. Interventi sul libro-corpo paragonabili a certi segni rituali, che testimoniano un passaggio, tatuaggi che possono aggiungere un qualcosa di interessante, ma che talvolta sono vere e proprie cicatrici, che lo feriscono profondamente. Si potrebbe parlare di manipolazione del libro-corpo, di cui i vari paratesti fanno parte a pieno titolo, di riletture e riscritture che alcune volte possono portare a esiti soddisfacenti, altre deludenti. I romanzi degli anni Trenta di Jorge Amado, Graciliano Ramos e José Lins do Rego sono passati attraverso questo rito di passaggio nel momento in cui sono stati tradotti in italiano. Alcuni segni sono più nascosti e risulta più difficile individuarli a prima vista, può essere necessario un rapporto di maggiore intimità tra l’osservatore e il corpo che ne è portatore; altri invece possono essere colti a un primo sguardo.