A. Galland (Chef de clinique assistante), V. Morin (Assistante spécialiste des Hôpitaux), G. Orliaguet (Professeur des Universités-praticien hospitalier, chef de service)
{"title":"Traumi cranici dei bambini","authors":"A. Galland (Chef de clinique assistante), V. Morin (Assistante spécialiste des Hôpitaux), G. Orliaguet (Professeur des Universités-praticien hospitalier, chef de service)","doi":"10.1016/S1283-0771(24)49335-3","DOIUrl":null,"url":null,"abstract":"<div><p>Il trauma cranico (CT) è la lesione più prequente nei bambini traumatizzati (60-70% dei casi) e circa il 10% è costituito da traumi cranici gravi. L’analisi dell’evoluzione clinica immediatamente dopo l’incidente consente di definire tre categorie di CT: lieve, moderato e grave. Questa classificazione molto semplice permette di stabilire le basi della gestione iniziale e l’orientamento preospedaliero. Esistono differenze fisiologiche tra i traumi cranici gravi nei bambini e negli adulti. L’ipertensione intracranica post-traumatica è più frequente nei bambini, in particolare a causa di una compliance cerebrale inferiore. Allo stesso modo, a causa di una gamma di autoregolazione vascolare cerebrale più ristretta, per una variazione anche modesta della pressione arteriosa media, il flusso ematico cerebrale può variare in modo importante e portare o a un’ischemia cerebrale o a un’iperemia con aumento della pressione intracranica. Per guidare e personalizzare la gestione, sono oggi disponibili numerosi metodi di monitoraggio, ma ognuno ha i suoi limiti e non fornisce le medesime informazioni. È quindi consuetudine associarli, nel contesto di un monitoraggio cerebrale multimodale. Benché i dati siano meno chiari che negli adulti, il mantenimento di una pressione di perfusione cerebrale superiore a 40 mmHg nei più giovani e tra 50 e 60 mmHg nei bambini più grandi sembra essere l’obiettivo terapeutico da raggiungere. La maggior parte delle terapie proposte per gli adulti può essere utilizzata nei bambini, tenendo conto delle particolarità fisiologiche e farmacologiche.</p></div>","PeriodicalId":100410,"journal":{"name":"EMC - Anestesia-Rianimazione","volume":"29 3","pages":"Pages 1-15"},"PeriodicalIF":0.0000,"publicationDate":"2024-08-01","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":"0","resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":null,"PeriodicalName":"EMC - Anestesia-Rianimazione","FirstCategoryId":"1085","ListUrlMain":"https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1283077124493353","RegionNum":0,"RegionCategory":null,"ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":null,"EPubDate":"","PubModel":"","JCR":"","JCRName":"","Score":null,"Total":0}
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Abstract
Il trauma cranico (CT) è la lesione più prequente nei bambini traumatizzati (60-70% dei casi) e circa il 10% è costituito da traumi cranici gravi. L’analisi dell’evoluzione clinica immediatamente dopo l’incidente consente di definire tre categorie di CT: lieve, moderato e grave. Questa classificazione molto semplice permette di stabilire le basi della gestione iniziale e l’orientamento preospedaliero. Esistono differenze fisiologiche tra i traumi cranici gravi nei bambini e negli adulti. L’ipertensione intracranica post-traumatica è più frequente nei bambini, in particolare a causa di una compliance cerebrale inferiore. Allo stesso modo, a causa di una gamma di autoregolazione vascolare cerebrale più ristretta, per una variazione anche modesta della pressione arteriosa media, il flusso ematico cerebrale può variare in modo importante e portare o a un’ischemia cerebrale o a un’iperemia con aumento della pressione intracranica. Per guidare e personalizzare la gestione, sono oggi disponibili numerosi metodi di monitoraggio, ma ognuno ha i suoi limiti e non fornisce le medesime informazioni. È quindi consuetudine associarli, nel contesto di un monitoraggio cerebrale multimodale. Benché i dati siano meno chiari che negli adulti, il mantenimento di una pressione di perfusione cerebrale superiore a 40 mmHg nei più giovani e tra 50 e 60 mmHg nei bambini più grandi sembra essere l’obiettivo terapeutico da raggiungere. La maggior parte delle terapie proposte per gli adulti può essere utilizzata nei bambini, tenendo conto delle particolarità fisiologiche e farmacologiche.