{"title":"Il Testimone e l'Idiota","authors":"Barbara Carle","doi":"10.5406/23256672.100.1.14","DOIUrl":null,"url":null,"abstract":"Il Testimone e l'Idiota è il diciottesimo volume di poesia di Paolo Valesio. Il fitto libro di 278 pagine e 165 testi è incorniciato da una prefazione di Alberto Bertoni, una postfazione approfondita di Anna Maria Tamburini e un riassunto sintetico in ribaltina che cito: “Il Testimone, l'Idiota, la Fiamminga, la Voce, Due uomini sulla quarantina, tra New York, Bologna e Parigi. Una giovane belga che intesse relazioni con entrambi. Una voce che anima il dialogo, interlocutore onnisciente che conduce la discussione tra filosofia, amore, esistenza, fede, peccato, ricordo. Questo minimo teatro diventa spazio di interazione di vere e proprie Maschere, una messinscena universale per anime solitarie, disincantate e inquiete.” Tale presentazione attira il lettore ma non spiega il fondo di questo libro complesso e ricco di prospettive, citazioni e riferimenti.Il libro è diviso in tre parti: Prima parte. I due solitari, Seconda parte. La Voce, Terza parte. La Fiamminga. Nella prima parte troviamo 75 poesie. Sono “pronunciate” separatamente dal Testimone e dall'Idiota. Tra questi due il Testimone parla più spesso e ci sono più poesie “firmate” da lui. Sono tutti e due personaggi seri e intensi, ma il Testimone è più austero, meno fantasioso anche se la prima poesia del libro s'intitola Il sogno del Testimone (Dream Poem). L'Idiota sembra lasciarsi andare all'entusiasmo, alle emozioni, ma anche lui riflette sulla realtà e le idee in modo intenso. La prima parte è fatta essenzialmente di due prospettive che non s'incontrano e sembrano isolate ognuna, infatti solitarie, ma contigue nello spazio del libro. Nella seconda parte, entra La Voce che parla separatamente ad ognuno, mai a tutti e due insieme. Questa sezione è la più breve con trentaquattro testi. Anche qui si sente più la voce del Testimone che dell'Idiota. Nella terza parte entra il terzo personaggio, la Fiamminga, che scambia mail e telefonate con ognuno separatamente ma che non può sentire la Voce, almeno, non fino alla fine. Quello che si potrebbe chiamare la quarta parte è l'Epilogo dove i tre personaggi s'incontrano a Parigi sotto la statua di Maupassant al Parc Monceau per la prima volta, parlano brevemente e poi ciascuno parte per conto suo. Questa sarebbe una piccola pièce teatrale. Generalmente i testi sono brevi ma la forma cambia in ogni parte. La prima ha dei “monologhi” mentre le altre due hanno dialoghi corti, ma qualche volta sono più lunghi di alcune pagine. Se dobbiamo definire la forma, avremo difficoltà, ci sono poesie, “proesie,” dialoghi, scene teatrali. Ci sono molte citazioni, proverbi, e detti in inglese. Ci sono brani in francese, locuzioni in latino e parole in spagnolo che rafforzano il plurilinguismo e lo stile misto. Troviamo una frase da Don Giovanni di Mozart e ripetuti riferimenti a compositori e canzoni che arricchiscono la tavolozza. Si cita C.G. Jung e il Bhagavad-Gita. La forma si trasforma; è dinamica come il pensiero.Alberto Bertoni e Anna Maria Tamburini ci spiegano che il poeta è allo stesso momento testimone e idiota, voce e intelligenza (La Fiamminga è “forte della sua intelligenza” scrive l'autore nella breve descrizione dei personaggi a pagina 21). Ogni poeta è testimone del proprio tempo ma nello stesso momento ne vive fuori perché si isola per scrivere e in questo senso non volendo approfittarne sarebbe “idiota” (forse c’è un'eco di Dostoevskij qui). L'idiota è anche un riflesso del fanciullino di Pascoli come osserva Bertoni a pagina 17. La Voce e la Fiamminga potrebbero essere le fonti diverse d'ispirazione, di lettura e di ascolto del poeta testimone idiota. Non si possono negare i temi religiosi, gli interrogativi sulla fede, la speranza, la morte, il bene, il male e altri argomenti ancora, l'umorismo, l'ironia, i giochi di parole e così via, ma a mio avviso uno dei fili conduttori del libro si trova nelle citazioni.Il libro sarebbe dunque una messinscena della letteratura. Ungaretti, Valéry e Di Biasio tra altri hanno scritto sul fatto che la poesia consiste in una riscrittura di altri testi, nell'ascoltarli, commentarli, riscriverli, rifiutarli, ma lo scrittore è lettore e fa parte del grande coro di citazioni. Si comincia con una citazione di Shakespeare, che poi viene citato altre sei volte sempre in epigrafe. E attraverso il libro troviamo più di cinquanta citazioni, non sempre in epigrafe. Alcune volte le troviamo nel corpo della poesia. Altre volte un titolo è una frase come Numquam deorsum (citato da D'Annunzio) De Amicitia (Cicerone), o l'inversione del titolo di De Rerum Natura di Lucrezio in Duologo De Natura Rerum. Altre volte ci sono quasi doppie citazioni come in La minaccia (seconda parte) dove l'Idiota sente la Voce dire: “Ti uccido.” E poi l'Idiota cita un passo da Simone Weil (La rivelazione indiana, a cura di S. Moser e M. Vannini, 2020): “Uccidere col pensiero/tutto quel che si ama; è la sola maniera di morire./ Ma solo quel che si ama.” Si nota qui la riformulazione di una frase celebre di Oscar Wilde in The Ballad of Reading Gaol: “Yet each man kills the thing he loves, [. . .]” L'Idiota si interroga sulla frase di Simone Weil: “Cosa vuol dire lei – cosa vuol dire?” Ci offre una possibile spiegazione e sembra trattarsi di uccidere luoghi, abitudini, ruoli e maschere per passare a “territorio nuovo” (Valesio 130). Altre volte si tratta di riferimenti o dediche che in qualche modo nascondono la citazione come in Corale a pagina 136. Questa poesia è dedicata a Giacomo Leopardi e l'Idiota recita una sua versione del Dialogo di Federico Ruysch e le sue mummie dalle Operetti morali di Leopardi: “Tutti i morti son pieni di speranza/Cantano boccaperti in coro universale.” Questa poesia, come molte altre del libro, è piena di ironia e umorismo e ci coinvolge nella conversazione tra l'autore e Leopardi. L'altro tipo di citazione che troviamo in questo libro si produce quando l'autore cita un suo libro precedente come Avventure dell'Uomo e del Figlio, del 1996 o Esploratrici solitarie, 2018, il libro che precede Il Testimone e l'Idiota.Se qualcuno volesse dubitare di questa mia chiave di lettura, forse il fatto che troviamo una poesia intitolata La citazione nella terza parte del libro potrebbe convincerlo. Lo scritto a pagina 165 consiste in un breve scambio tra l'Idiota e la Fiamminga su una citazione inserita nel corpo della poesia dallo Pseudo-Dionigi. La Fiamminga fa la citazione e si aspetta la reazione dell'Idiota. Lei lo incita a pronunciarsi chiaramente sul detto religioso/filosofico. L'Idiota rifiuta “un decidere/ che si presenta come un recidere” (165). Vale a dire una premessa manichea fatta di due opposti estremi. Incalzato dalla Fiamminga ad essere più chiaro, lui spiega che può concepire e capire opinioni contrarie alla sua senza “credere che il mondo crollerà.” E alla fine cita senza dirlo esplicitamente, ma ogni lettore di Dante può facilmente cogliere l'allusione a Farinata nel canto X dell'Inferno che tronca il dialogo con Dante dicendo bruscamente: “[. . .] e de li altri mi taccio.” Tale lettura è rinforzata da un'altra poesia, L'accoglienza a pagina 172, dove capiamo che l'Idiota è il lettore poeta supremo che ascolta quasi esclusivamente citazioni: “Qualche volta ogni frase che l'Idiota si trova ad ascoltare/gli sembra una citazione:/ è un segno di derealizzazione oppure una sfida/in nome di un grande disegno costruttivo e colorato?/ Se le cattura subito al volo/le citazioni si deformano/e, avvizzite, esigono di essere spiegate. Ma se lascia che le frasi volteggino libere, diventano un palazzo/tutto fatto di pietre angolari.”Ci sono altri testi che funzionano similmente, come il delizioso Duologo lunare. In epigrafe comincia con una frase di Ofelia da Hamlet di Shakespeare ma poi l'Idiota legge un brano da un racconto alla Fiamminga dove troviamo una descrizione della luna. Il passo citato è preso dalla celebre rivista americana, The New Yorker. L'Idiota trova una specie di conforto nel brano e esalta le qualità, a suo avviso, taumaturgiche della luna. Lo scambio è giocoso e ironico: “IDIOTA: Mah, non so – è come quando spero che le fenditure dentro il cervello/possano rimarginarsi, e sento che la luna/mi protegge nel sonno. / FIAMMINGA: Boh, non vedo che cosa c'entri la luna:/ti sei messo a leopardizzare? / IDIOTA: Ti pregherei di prendermi sul serio: dopotutto non sei innocente di luna.” Questo tipo di scambio deve qualcosa alle Operette morali di Leopardi. Quella di Valesio è una riscrittura leopardiana molto riuscita. Intendo riscrittura delle forme, non sempre dei temi ovviamente. Scopriamo altri testi che partono con una citazione che viene commentata come pretesto per criticare passi di poeti famosi come Uomo concavo e Gli ereditieri, due pezzi che si parlano, offrono motivi “Pro e contro T.S. Eliot” e riprendono fili da Esploratrici solitarie (Duologo del cristiano a pagina 175: “Ma guarda, guarda là: un cristiano concavo/di catacomba e non di agorà”). Stare contro il vuoto significa diventare “concavi” per meglio ascoltare. Il vuoto non esiste. Cito: “VOCE: We are the hollow men/We are the stuffed men.. /IDIOTA: Oh, uffa, quanta degnazione in questa immagine sprezzante! /Vuoto è una parola trasparente/che ha un affaccio sul nulla quotidiano/ma ci sono tante creature concave/che ascoltano che si raccolgono e accolgono/che servono a qualcosa. /Si è ricchi solo delle cose altrui. /VOCE: Dunque, /siamo tutti ladri.”Questo libro ci offre testi molto variati e diversi; Incarnadine a pagina 153 riprende la parola da Shakespeare e Pound. Qui si tratta di una poesia civica contro “la macelleria” della storia (“Chiunque è post-infante ha già compreso/che la storia è una macelleria:”) ma introduce la parola incarnadine nel testo creando un neologismo: “Non posso incarnadine, posso solo rispondere/al rosso con il bianco/del voto validato, ma muto e vuoto –/ il voto nullo: la scheda con il “No.” Notiamo che Shakespeare con i Vangeli sono i più citati e che Pound era un poeta traduttore lettore dialogico tra le lingue. I suoi Cantos e questo libro di Valesio sono entrambe opere plurilingue e dantesche dove l'io si divide e si riunisce. La forza di questo nuovo e originale libro di Valesio sta nel valorizzare la speranza attraverso il dialogo. Si vede l'evoluzione del libro che comincia con “monologhi” poi passa a dialoghi e duologhi per inscenare una piazza letteraria dove il poeta vive, ascolta, parla e riscrive le voci dei libri e del mondo.","PeriodicalId":29826,"journal":{"name":"Italica Belgradensia","volume":null,"pages":null},"PeriodicalIF":0.1000,"publicationDate":"2023-03-01","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":"0","resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":null,"PeriodicalName":"Italica Belgradensia","FirstCategoryId":"1085","ListUrlMain":"https://doi.org/10.5406/23256672.100.1.14","RegionNum":0,"RegionCategory":null,"ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":null,"EPubDate":"","PubModel":"","JCR":"0","JCRName":"LANGUAGE & LINGUISTICS","Score":null,"Total":0}
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Abstract
Il Testimone e l'Idiota è il diciottesimo volume di poesia di Paolo Valesio. Il fitto libro di 278 pagine e 165 testi è incorniciato da una prefazione di Alberto Bertoni, una postfazione approfondita di Anna Maria Tamburini e un riassunto sintetico in ribaltina che cito: “Il Testimone, l'Idiota, la Fiamminga, la Voce, Due uomini sulla quarantina, tra New York, Bologna e Parigi. Una giovane belga che intesse relazioni con entrambi. Una voce che anima il dialogo, interlocutore onnisciente che conduce la discussione tra filosofia, amore, esistenza, fede, peccato, ricordo. Questo minimo teatro diventa spazio di interazione di vere e proprie Maschere, una messinscena universale per anime solitarie, disincantate e inquiete.” Tale presentazione attira il lettore ma non spiega il fondo di questo libro complesso e ricco di prospettive, citazioni e riferimenti.Il libro è diviso in tre parti: Prima parte. I due solitari, Seconda parte. La Voce, Terza parte. La Fiamminga. Nella prima parte troviamo 75 poesie. Sono “pronunciate” separatamente dal Testimone e dall'Idiota. Tra questi due il Testimone parla più spesso e ci sono più poesie “firmate” da lui. Sono tutti e due personaggi seri e intensi, ma il Testimone è più austero, meno fantasioso anche se la prima poesia del libro s'intitola Il sogno del Testimone (Dream Poem). L'Idiota sembra lasciarsi andare all'entusiasmo, alle emozioni, ma anche lui riflette sulla realtà e le idee in modo intenso. La prima parte è fatta essenzialmente di due prospettive che non s'incontrano e sembrano isolate ognuna, infatti solitarie, ma contigue nello spazio del libro. Nella seconda parte, entra La Voce che parla separatamente ad ognuno, mai a tutti e due insieme. Questa sezione è la più breve con trentaquattro testi. Anche qui si sente più la voce del Testimone che dell'Idiota. Nella terza parte entra il terzo personaggio, la Fiamminga, che scambia mail e telefonate con ognuno separatamente ma che non può sentire la Voce, almeno, non fino alla fine. Quello che si potrebbe chiamare la quarta parte è l'Epilogo dove i tre personaggi s'incontrano a Parigi sotto la statua di Maupassant al Parc Monceau per la prima volta, parlano brevemente e poi ciascuno parte per conto suo. Questa sarebbe una piccola pièce teatrale. Generalmente i testi sono brevi ma la forma cambia in ogni parte. La prima ha dei “monologhi” mentre le altre due hanno dialoghi corti, ma qualche volta sono più lunghi di alcune pagine. Se dobbiamo definire la forma, avremo difficoltà, ci sono poesie, “proesie,” dialoghi, scene teatrali. Ci sono molte citazioni, proverbi, e detti in inglese. Ci sono brani in francese, locuzioni in latino e parole in spagnolo che rafforzano il plurilinguismo e lo stile misto. Troviamo una frase da Don Giovanni di Mozart e ripetuti riferimenti a compositori e canzoni che arricchiscono la tavolozza. Si cita C.G. Jung e il Bhagavad-Gita. La forma si trasforma; è dinamica come il pensiero.Alberto Bertoni e Anna Maria Tamburini ci spiegano che il poeta è allo stesso momento testimone e idiota, voce e intelligenza (La Fiamminga è “forte della sua intelligenza” scrive l'autore nella breve descrizione dei personaggi a pagina 21). Ogni poeta è testimone del proprio tempo ma nello stesso momento ne vive fuori perché si isola per scrivere e in questo senso non volendo approfittarne sarebbe “idiota” (forse c’è un'eco di Dostoevskij qui). L'idiota è anche un riflesso del fanciullino di Pascoli come osserva Bertoni a pagina 17. La Voce e la Fiamminga potrebbero essere le fonti diverse d'ispirazione, di lettura e di ascolto del poeta testimone idiota. Non si possono negare i temi religiosi, gli interrogativi sulla fede, la speranza, la morte, il bene, il male e altri argomenti ancora, l'umorismo, l'ironia, i giochi di parole e così via, ma a mio avviso uno dei fili conduttori del libro si trova nelle citazioni.Il libro sarebbe dunque una messinscena della letteratura. Ungaretti, Valéry e Di Biasio tra altri hanno scritto sul fatto che la poesia consiste in una riscrittura di altri testi, nell'ascoltarli, commentarli, riscriverli, rifiutarli, ma lo scrittore è lettore e fa parte del grande coro di citazioni. Si comincia con una citazione di Shakespeare, che poi viene citato altre sei volte sempre in epigrafe. E attraverso il libro troviamo più di cinquanta citazioni, non sempre in epigrafe. Alcune volte le troviamo nel corpo della poesia. Altre volte un titolo è una frase come Numquam deorsum (citato da D'Annunzio) De Amicitia (Cicerone), o l'inversione del titolo di De Rerum Natura di Lucrezio in Duologo De Natura Rerum. Altre volte ci sono quasi doppie citazioni come in La minaccia (seconda parte) dove l'Idiota sente la Voce dire: “Ti uccido.” E poi l'Idiota cita un passo da Simone Weil (La rivelazione indiana, a cura di S. Moser e M. Vannini, 2020): “Uccidere col pensiero/tutto quel che si ama; è la sola maniera di morire./ Ma solo quel che si ama.” Si nota qui la riformulazione di una frase celebre di Oscar Wilde in The Ballad of Reading Gaol: “Yet each man kills the thing he loves, [. . .]” L'Idiota si interroga sulla frase di Simone Weil: “Cosa vuol dire lei – cosa vuol dire?” Ci offre una possibile spiegazione e sembra trattarsi di uccidere luoghi, abitudini, ruoli e maschere per passare a “territorio nuovo” (Valesio 130). Altre volte si tratta di riferimenti o dediche che in qualche modo nascondono la citazione come in Corale a pagina 136. Questa poesia è dedicata a Giacomo Leopardi e l'Idiota recita una sua versione del Dialogo di Federico Ruysch e le sue mummie dalle Operetti morali di Leopardi: “Tutti i morti son pieni di speranza/Cantano boccaperti in coro universale.” Questa poesia, come molte altre del libro, è piena di ironia e umorismo e ci coinvolge nella conversazione tra l'autore e Leopardi. L'altro tipo di citazione che troviamo in questo libro si produce quando l'autore cita un suo libro precedente come Avventure dell'Uomo e del Figlio, del 1996 o Esploratrici solitarie, 2018, il libro che precede Il Testimone e l'Idiota.Se qualcuno volesse dubitare di questa mia chiave di lettura, forse il fatto che troviamo una poesia intitolata La citazione nella terza parte del libro potrebbe convincerlo. Lo scritto a pagina 165 consiste in un breve scambio tra l'Idiota e la Fiamminga su una citazione inserita nel corpo della poesia dallo Pseudo-Dionigi. La Fiamminga fa la citazione e si aspetta la reazione dell'Idiota. Lei lo incita a pronunciarsi chiaramente sul detto religioso/filosofico. L'Idiota rifiuta “un decidere/ che si presenta come un recidere” (165). Vale a dire una premessa manichea fatta di due opposti estremi. Incalzato dalla Fiamminga ad essere più chiaro, lui spiega che può concepire e capire opinioni contrarie alla sua senza “credere che il mondo crollerà.” E alla fine cita senza dirlo esplicitamente, ma ogni lettore di Dante può facilmente cogliere l'allusione a Farinata nel canto X dell'Inferno che tronca il dialogo con Dante dicendo bruscamente: “[. . .] e de li altri mi taccio.” Tale lettura è rinforzata da un'altra poesia, L'accoglienza a pagina 172, dove capiamo che l'Idiota è il lettore poeta supremo che ascolta quasi esclusivamente citazioni: “Qualche volta ogni frase che l'Idiota si trova ad ascoltare/gli sembra una citazione:/ è un segno di derealizzazione oppure una sfida/in nome di un grande disegno costruttivo e colorato?/ Se le cattura subito al volo/le citazioni si deformano/e, avvizzite, esigono di essere spiegate. Ma se lascia che le frasi volteggino libere, diventano un palazzo/tutto fatto di pietre angolari.”Ci sono altri testi che funzionano similmente, come il delizioso Duologo lunare. In epigrafe comincia con una frase di Ofelia da Hamlet di Shakespeare ma poi l'Idiota legge un brano da un racconto alla Fiamminga dove troviamo una descrizione della luna. Il passo citato è preso dalla celebre rivista americana, The New Yorker. L'Idiota trova una specie di conforto nel brano e esalta le qualità, a suo avviso, taumaturgiche della luna. Lo scambio è giocoso e ironico: “IDIOTA: Mah, non so – è come quando spero che le fenditure dentro il cervello/possano rimarginarsi, e sento che la luna/mi protegge nel sonno. / FIAMMINGA: Boh, non vedo che cosa c'entri la luna:/ti sei messo a leopardizzare? / IDIOTA: Ti pregherei di prendermi sul serio: dopotutto non sei innocente di luna.” Questo tipo di scambio deve qualcosa alle Operette morali di Leopardi. Quella di Valesio è una riscrittura leopardiana molto riuscita. Intendo riscrittura delle forme, non sempre dei temi ovviamente. Scopriamo altri testi che partono con una citazione che viene commentata come pretesto per criticare passi di poeti famosi come Uomo concavo e Gli ereditieri, due pezzi che si parlano, offrono motivi “Pro e contro T.S. Eliot” e riprendono fili da Esploratrici solitarie (Duologo del cristiano a pagina 175: “Ma guarda, guarda là: un cristiano concavo/di catacomba e non di agorà”). Stare contro il vuoto significa diventare “concavi” per meglio ascoltare. Il vuoto non esiste. Cito: “VOCE: We are the hollow men/We are the stuffed men.. /IDIOTA: Oh, uffa, quanta degnazione in questa immagine sprezzante! /Vuoto è una parola trasparente/che ha un affaccio sul nulla quotidiano/ma ci sono tante creature concave/che ascoltano che si raccolgono e accolgono/che servono a qualcosa. /Si è ricchi solo delle cose altrui. /VOCE: Dunque, /siamo tutti ladri.”Questo libro ci offre testi molto variati e diversi; Incarnadine a pagina 153 riprende la parola da Shakespeare e Pound. Qui si tratta di una poesia civica contro “la macelleria” della storia (“Chiunque è post-infante ha già compreso/che la storia è una macelleria:”) ma introduce la parola incarnadine nel testo creando un neologismo: “Non posso incarnadine, posso solo rispondere/al rosso con il bianco/del voto validato, ma muto e vuoto –/ il voto nullo: la scheda con il “No.” Notiamo che Shakespeare con i Vangeli sono i più citati e che Pound era un poeta traduttore lettore dialogico tra le lingue. I suoi Cantos e questo libro di Valesio sono entrambe opere plurilingue e dantesche dove l'io si divide e si riunisce. La forza di questo nuovo e originale libro di Valesio sta nel valorizzare la speranza attraverso il dialogo. Si vede l'evoluzione del libro che comincia con “monologhi” poi passa a dialoghi e duologhi per inscenare una piazza letteraria dove il poeta vive, ascolta, parla e riscrive le voci dei libri e del mondo.