Un'epoca di scelte

Silvia Scelsi
{"title":"Un'epoca di scelte","authors":"Silvia Scelsi","doi":"10.4081/scenario.2020.448","DOIUrl":null,"url":null,"abstract":"Spesso abbiamo fatto scelte importanti, nel nostro quotidiano, assistendo le persone che ci vengono affidate, le loro famiglie, combattendo per la dignità che è dovuta a tutte le fasi della vita, garantendo che le cure e l’assistenza fossero le migliori possibili nel contesto dato. Abbiamo definito concetti importanti in modo visionario, passando dalla visione legata a muri e tecnologie, ad una legata alla persona e alla sua condizione, iniziando a parlare di “Area Critica” Quante volte abbiamo pensato che quello che vivevamo nella professione era l’era più faticosa, scegliere di essere in università, di riconoscersi in una disciplina con valore ontologico proprio, degna del pensiero scientifico, combattendo per farsi riconoscere, per poter formare dei professionisti che hanno la propria autonomia e responsabilità nella cura e nella presa in carico e hanno diritto di esercitare liberamente quella autonomia e responsabilità. Poi abbiamo iniziato a lottare perché l’ambito disciplinare nel lavoro e soprattutto in università fosse riconosciuto agli infermieri e a nessun altra professione, e ahimè non abbiamo ancora completato questo percorso. Abbiamo creduto nel confronto con i colleghi degli altri paesi europei e non solo, e abbiamo fondato la rete europea degli infermieri di area critica, convinti che “working together achieving more”. Abbiamo iniziato a fare ricerca e pubblicare, sia ricerca qualitativa che quantitativa, facendo scoprire anche alle altre professioni che abbiamo molto da dire, a tutela delle persone che assistiamo. Alla fine avevamo sperato di festeggiare il bicentenario della nascita della fondatrice dell’infermieristica moderna; invece ci siamo ritrovati, nostro malgrado, a dare prova della nostra competenza e umanità nell’esercizio della professione, affrontando la prima pandemia del nuovo millennio. Quanto ancora accade e ci accade in termini personali e professionali non solo ci ha provati, ma ci ha resi consapevoli insieme con le persone che assistiamo, che abbiamo una grande responsabilità etica prima che professionale di tutelare il bene comune. È vero anche che improvvisamente siamo diventati eroi, siamo assurti all’onore delle cronache. Le persone hanno scoperto, senza dover passare per un ricovero, cos’era un infermiere, si è rotto uno stereotipo, forse più di uno. Ma oggi non è ancora tempo di pace per la nostra professione e soprattutto per noi. Abbiamo ancora tante cose da fare, decidere per i livelli di competenza e dire chi e con quale percorso arriva a esercitare alcune funzioni piuttosto che esserne responsabile; dobbiamo consolidare la nostra presenza in università, dobbiamo portare la ricerca nella clinica, dobbiamo riconoscere le nostre autonomie attraverso una reale applicazione dei piani assistenziali. Abbiamo la necessità di gestire in prima persona i processi organizzativi che influenzano l’assistenza, dando luogo ad una reale costruzione di un sistema sanitario che rispetti le esigenze di fornire sicurezza e appropriatezza, senza eccedere quando non è necessario. Abbiamo la necessità di smetterla di parlare di umanizzazione delle cure in senso generico, perché la responsabilità di riconoscere la risposta umana al problema di salute e soddisfare il bisogno è la nostra caratteristica distintiva. Dobbiamo aiutare la persona assistita nel difficile percorso nel quale la prendiamo in carico e farci garanti non solo della sua salute, ma anche del rispetto dei principi etici e della garanzia che il diritto alla salute, alla autodeterminazione e alla dignità del vivere fino all’ultimo minuto come ha scelto, sia rispettato. Dobbiamo ancora fare tante scelte, ma come tutte le scelte alla base hanno una decisione, per noi quella di essere infermieri con la maiuscola, rigorosi nel rispetto della propria appartenenza. In questo tempo, il ventennio del nuovo millennio, stiamo affrontando una calamità che mai avremmo pensato di vedere, eppure questo tempo può essere, come tutte le crisi, un'occasione per rivedere i paradigmi con cui abbiamo pensato di poter convivere fino ad ora, e spingerci a raggiungere nuovi e forse insperati traguardi. Credo che “nessuno si salva da solo”, il nostro cammino non è fatto solo di traguardi personali, ma di comunità, è fatto della capacità di riconoscere il valore dell’altro, per questo ora è tempo di riflettere e di scegliere, di volere che le cose cambino, di compiere il primo passo per cambiarle. Se ognuno farà quel passo, insieme avremo fatto presto molta strada e quel traguardo lontano sarà più vicino. Aniarti è la mia scelta di essere una comunità prima che una società scientifica, una storia importante che caratterizza il passato, che ha permesso a molti di crescere e che ora può permettere a tutti noi di avere una voce per indicare la strada. Noi abbiamo scelto, venite con noi, il cammino è lungo ma insieme sarà migliore il viaggio.","PeriodicalId":252784,"journal":{"name":"Scenario® - Il Nursing nella sopravvivenza","volume":"89 1","pages":"0"},"PeriodicalIF":0.0000,"publicationDate":"2021-01-29","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":"0","resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":null,"PeriodicalName":"Scenario® - Il Nursing nella sopravvivenza","FirstCategoryId":"1085","ListUrlMain":"https://doi.org/10.4081/scenario.2020.448","RegionNum":0,"RegionCategory":null,"ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":null,"EPubDate":"","PubModel":"","JCR":"","JCRName":"","Score":null,"Total":0}
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Abstract

Spesso abbiamo fatto scelte importanti, nel nostro quotidiano, assistendo le persone che ci vengono affidate, le loro famiglie, combattendo per la dignità che è dovuta a tutte le fasi della vita, garantendo che le cure e l’assistenza fossero le migliori possibili nel contesto dato. Abbiamo definito concetti importanti in modo visionario, passando dalla visione legata a muri e tecnologie, ad una legata alla persona e alla sua condizione, iniziando a parlare di “Area Critica” Quante volte abbiamo pensato che quello che vivevamo nella professione era l’era più faticosa, scegliere di essere in università, di riconoscersi in una disciplina con valore ontologico proprio, degna del pensiero scientifico, combattendo per farsi riconoscere, per poter formare dei professionisti che hanno la propria autonomia e responsabilità nella cura e nella presa in carico e hanno diritto di esercitare liberamente quella autonomia e responsabilità. Poi abbiamo iniziato a lottare perché l’ambito disciplinare nel lavoro e soprattutto in università fosse riconosciuto agli infermieri e a nessun altra professione, e ahimè non abbiamo ancora completato questo percorso. Abbiamo creduto nel confronto con i colleghi degli altri paesi europei e non solo, e abbiamo fondato la rete europea degli infermieri di area critica, convinti che “working together achieving more”. Abbiamo iniziato a fare ricerca e pubblicare, sia ricerca qualitativa che quantitativa, facendo scoprire anche alle altre professioni che abbiamo molto da dire, a tutela delle persone che assistiamo. Alla fine avevamo sperato di festeggiare il bicentenario della nascita della fondatrice dell’infermieristica moderna; invece ci siamo ritrovati, nostro malgrado, a dare prova della nostra competenza e umanità nell’esercizio della professione, affrontando la prima pandemia del nuovo millennio. Quanto ancora accade e ci accade in termini personali e professionali non solo ci ha provati, ma ci ha resi consapevoli insieme con le persone che assistiamo, che abbiamo una grande responsabilità etica prima che professionale di tutelare il bene comune. È vero anche che improvvisamente siamo diventati eroi, siamo assurti all’onore delle cronache. Le persone hanno scoperto, senza dover passare per un ricovero, cos’era un infermiere, si è rotto uno stereotipo, forse più di uno. Ma oggi non è ancora tempo di pace per la nostra professione e soprattutto per noi. Abbiamo ancora tante cose da fare, decidere per i livelli di competenza e dire chi e con quale percorso arriva a esercitare alcune funzioni piuttosto che esserne responsabile; dobbiamo consolidare la nostra presenza in università, dobbiamo portare la ricerca nella clinica, dobbiamo riconoscere le nostre autonomie attraverso una reale applicazione dei piani assistenziali. Abbiamo la necessità di gestire in prima persona i processi organizzativi che influenzano l’assistenza, dando luogo ad una reale costruzione di un sistema sanitario che rispetti le esigenze di fornire sicurezza e appropriatezza, senza eccedere quando non è necessario. Abbiamo la necessità di smetterla di parlare di umanizzazione delle cure in senso generico, perché la responsabilità di riconoscere la risposta umana al problema di salute e soddisfare il bisogno è la nostra caratteristica distintiva. Dobbiamo aiutare la persona assistita nel difficile percorso nel quale la prendiamo in carico e farci garanti non solo della sua salute, ma anche del rispetto dei principi etici e della garanzia che il diritto alla salute, alla autodeterminazione e alla dignità del vivere fino all’ultimo minuto come ha scelto, sia rispettato. Dobbiamo ancora fare tante scelte, ma come tutte le scelte alla base hanno una decisione, per noi quella di essere infermieri con la maiuscola, rigorosi nel rispetto della propria appartenenza. In questo tempo, il ventennio del nuovo millennio, stiamo affrontando una calamità che mai avremmo pensato di vedere, eppure questo tempo può essere, come tutte le crisi, un'occasione per rivedere i paradigmi con cui abbiamo pensato di poter convivere fino ad ora, e spingerci a raggiungere nuovi e forse insperati traguardi. Credo che “nessuno si salva da solo”, il nostro cammino non è fatto solo di traguardi personali, ma di comunità, è fatto della capacità di riconoscere il valore dell’altro, per questo ora è tempo di riflettere e di scegliere, di volere che le cose cambino, di compiere il primo passo per cambiarle. Se ognuno farà quel passo, insieme avremo fatto presto molta strada e quel traguardo lontano sarà più vicino. Aniarti è la mia scelta di essere una comunità prima che una società scientifica, una storia importante che caratterizza il passato, che ha permesso a molti di crescere e che ora può permettere a tutti noi di avere una voce per indicare la strada. Noi abbiamo scelto, venite con noi, il cammino è lungo ma insieme sarà migliore il viaggio.
选择的时代
我们做了重要选择,我们日常生活中,经常看到交付给我们的人们,他们的家人,为dignit而战,Ãè由于生活的所有阶段,并确保医疗和l’是最好的可能范围内援助。我们已经制定了重要概念与视觉有远见,从墙壁和相关技术,一个人及其条件,开始谈论“地区批评”有多少次我们认为是职业生活的l’是più艰苦,选择在教学Ã,认同的一项规范与科学自身的思想,值得的价值,为得到承认,而战为了培训专业人员,其自主性和提款4.62接收Ã治疗和有权行使自由的自主性和提款4.62Ã。然后我们开始战斗不祥él’领域工作,特别是在教学Ã被护士和其他任何职业,ahimè我们还没有完成这条道路走下去。我们相信在与欧洲其他国家的同事和基础网络不仅如此,我们还和欧洲的护士进行批评,认为“working together achieving more”。我们已经开始进行研究并发表定性和定量的研究,这也让其他职业意识到,为了保护我们帮助的人,我们有很多话要说。我们曾希望结束时庆祝诞辰两百周年纪念戴尔的创始人â€现代护理™;相反,我们发现,我们尽管表现出我们的能力和umanitÃ的’,行业面临着新千年的第一个大流行。发生和正在发生的事情我们还从个人和专业不仅证实了我们,但我们认识到与人看到了,我们有一个伟大的提款4.62职业道德Ã之前,维护共同利益。È突然我们也确实成为英雄,我们all’荣誉的编年史。人们发现,而不必住院,cos’是一名护士,è打破刻板印象之一,可能是più一个。但今天è还有时间的为我们的职业,最重要的是我们的和平。我们还有很多事情要做,我们要决定谁的能力水平,我们要决定谁的能力水平,我们要决定谁的能力水平,我们要决定谁的能力水平,我们要决定谁的能力水平,我们要决定谁的能力水平,我们要决定谁的能力水平,我们要决定谁的能力水平,我们要决定谁的能力水平我们必须加强我们在教学Ã,我们需要临床研究中,我们必须认识到我们通过自治政府福利计划的有效执行。我们人类Ã亲自管理的组织过程,影响l’援助,导致真正符合要求的医疗体系的建设提供安全和适当性,没有超过当è需要。我们有人类Ã停止谈论一般意义上的人性化的治疗,不祥é,提款4.62Ã承认人类对健康问题的答案和满足需要è我们的显著特征。我们必须帮助人协助我们在艰难和预算不仅使我们保证他的健康,但也尊重的伦理原则和保证健康权、自决和dignit生活Ã到all’最后一刻选择了一样,得到尊重。我们还有很多选择要做,但是,就像所有的基本选择一样,他们有一个决定,那就是我们要成为一个大写字母的护士,严格遵守我们的会员资格。在新千年的这段时间,20年里,我们正在处理一个calamitÃ我们从来没有看到,但这段时间può,像所有的危机,有机会审查,我们认为我们能够忍受的模式到目前为止,促使我们实现新的和可能的目标。我认为â€独自œ没有人得救”,我们的道路没有è只是个人的目标,但Ã共同体,ècapacit作为戴尔Ã承认价值â€另™,这就是为什么现在è时间考虑和选择的希望,使那里的局势发生变化,改变的第一步。如果每个人都共同推动Ã那一步,我们将很快很长的路和那个遥远目标sarÃpiù。Aniartiè我的选择是一个Ã共同体在科学9.4Ã之前,过去历史上重要的特点,使许多人在成长过程中,现在può使我们所有人都有一项指明方向。我们选择了,和我们一起去,è长但更好sarÃ一起旅行。
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