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Abstract
In un’epoca in cui la cittadinanza umana e l’empatia della società scarseggiano in gran parte dell’Europa, l’esigenza di civiltà nei dibattiti pubblici non è mai stata più grande. In alcuni Paesi, quali l’Ucraina e la Russia, si combattono vere e proprie guerre dell’informazione alimentate dalla propaganda nazionalista come se fossero battaglie per la conquista di territori e le politiche divisive del post guerra fredda continuano a dominare l’agenda mediatica. In altri Paesi i media, sempre più una sorta di trofei detenuti da personaggi ricchi e potenti, vengono strumentalizzati per promuovere gli interessi politici o economici di questi ultimi, con scarso riguardo alle finalità del giornalismo e all’interesse pubblico in senso più ampio. Questo turbolento panorama mediatico è chiamato ad affrontare un’ulteriore sfida in seguito all’avanzare di internet, che ha fortemente aumentato l’ambito della libertà, ma ha al contempo aperto le porte a forme comunicative sregolate, sfrenate e spesso violente. In questo contesto, il giornalismo etico, le cui radici affondano nella nascita dei mass media circa 150 anni fa, rappresenta una vecchia concezione, la quale si sta, tuttavia, rivelando particolarmente importante nel porre le condizioni per la creazione di un tipo comunicazioni responsabile in Europa. Il giornalismo etico consiste in una cornice finalizzata a fornire informazioni affidabili, accurate e rilevanti e dipende dalla capacità dei caporedattori dei giornalisti di pensare e di agire in modo indipendente nel fornire informazioni e notizie. Non può esistere se mancano la trasparenza, il pluralismo e professionalità dalla cima al fondo della piramide dei media. Ma queste condizioni scarseggiano nell’ambiente mediatico moderno. In tutta Europa le pressioni economiche e politiche dominano nelle redazioni ed i giornalisti fanno fatica a esprimere le loro voci in un contesto di valori. In tutti i Paesi, i cambiamenti improvvisi e le crisi finanziarie causate dalla convergenza dei media, le tecnologie digitali ed una cultura dell’informazione radicalmente trasformata pongono questioni difficili per il fu1.