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Iucundus nominis error (Ov. Ars 3, 729): Procri rustica puella nell’Ars amatoria
Alla fine del terzo libro dell’Ars, Ovidio esorta le cultae lettrici a non dare spazio al sentimento della gelosia, estraneo all’adulterino mondo dell’elegia erotica, e introduce il mito dell’amore infelice di Cefalo e Procri (3, 683-746), exemplum ‘serio’ (non leve) delle nefaste conseguenze di un atteggiamento non moderato in amore. Il presente contributo focalizza l’attenzione sulla figura di Procri come anti-exemplum, modello oppositivo della elegiaca femina culta, e legge la ‘credulita’ della fanciulla, vittima dell’inganno prodotto dal nome della presunta rivale (aura), alla luce della rusticitas che delinea le similari figure di puellae abbandonate delle Heroides. Nella cornice didascalica ovidiana il mito funziona come modello culturale contrario all’estetica del decorum. La ricerca della moderazione e l’invito al rispetto del modus costituiscono il fulcro del messaggio dell’Ars. Connotato come ‘dramma dell’inganno dell’eros’, il mito di Procri si presta a divenire exemplum negativo di insania amorosa, modello perduto di simplicitas che viola i paradigmi dell’amore elegiaco e mal s’addice all’aetas ovidiana del cultus e della raffinatezza.