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Il saggio propone un’analisi critica dell’idea di vulnerabilità in bioetica, che ruota intorno alla tensione insita nell’idea stessa: tra l’essere una condizione che accomuna, e il divenire, per la diversa gravità del suo manifestarsi, fattore di diseguaglianza e stigmatizzazione. La prima parte prende in esame il passaggio dall’attenzione ai vulnerabili, già presente agli esordi della bioetica negli Stati Uniti, e l’emergere dell’idea/principio di vulnerabilità nella Dichiarazione di Barcellona del 1998 e in successivi documenti dell’UNESCO. Le parti successive sono dedicate a discutere la possibilità di una teoria della vulnerabilità in bioetica, richiamando l’attenzione sull’ipotesi di una distinzione tra tipi di vulnerabilità e sulla complessità del rapporto con i concetti di dipendenza e cura.