Roberta Pancani, Alessandra Pagano, Marta Lomi, E. Casto, S. Cappelli, A. Celi
{"title":"Farmaci antitumorali e tromboembolismo venoso","authors":"Roberta Pancani, Alessandra Pagano, Marta Lomi, E. Casto, S. Cappelli, A. Celi","doi":"10.17473/1971-6818-2023-2-6","DOIUrl":null,"url":null,"abstract":"Studi di popolazione hanno evidenziato un incremento dell’incidenza di tromboembolismo venoso (TEV) nei pazienti neoplastici in corso di trattamento con farmaci antitumorali. Sono state condotte ricerche cliniche allo scopo di chiarire il possibile ruolo di singoli agenti antitumorali nella modulazione del rischio di TEV, riscontrando fra essi alcune differenze. Gli studi disponibili presentano diversi limiti: non consentono un confronto diretto tra molecole poiché gli schemi di trattamento si basano generalmente su combinazioni di farmaci e spesso per ricavare dati su una singola molecola è necessario estendere lo studio a tumori di tipologie, sedi o comportamento biologico differenti; inoltre è probabile che alle differenze riscontrate contribuisca un rischio di TEV già di per sé aumentato nei pazienti in fase avanzata di malattia. Una possibile strategia per limitare l’incidenza di TEV potrebbe essere quella di sottoporre i pazienti oncologici in trattamento antitumorale a profilassi antitrombotica primaria. Per tale profilassi non esiste attualmente una raccomandazione solida, in virtù di dati contrastanti, sia sulle terapie con eparine frazionate che con farmaci anticoagulanti orali diretti (DOAC), sul rapporto fra il beneficio in termini di prevenzione degli eventi tromboembolici sintomatici ed il rischio di sanguinamenti maggiori o clinicamente rilevanti. L’introduzione in commercio di inibitori del fattore XIa, dei quali sono in corso studi di fase 2, potrebbe modificare lo scenario attuale. Un problema che sta acquisendo rilevanza sempre maggiore è quello delle possibili interazioni farmacologiche fra i farmaci anticoagulanti orali e i farmaci antitumorali. In questo senso, l’utilizzo dei DOAC può essere vantaggioso rispetto a quello degli inibitori della vitamina K, nonostante una potenziale maggiore difficoltà nel controllo delle interazioni, qualora presenti, dovuta al fatto che il dosaggio plasmatico dei DOAC non viene normalmente sottoposta a monitoraggio. Le interazioni fra i DOAC e i farmaci antitumorali sono state ipotizzate sulla base dell’azione su molecole coinvolte nella farmacodinamica di entrambe le categorie di farmaci, quali la glicoproteina-p (P-gp) o il citocromo CYP3A4; pur non essendo mai state studiate in vivo, è necessario prendere in considerazione la possibilità di tali interazioni nella pratica clinica. Alcune opportunità per affrontare il problema sono rappresentate dal dosaggio plasmatico dei DOAC e dalla somministrazione dei due farmaci in momenti il più possibile lontani nella giornata.","PeriodicalId":9447,"journal":{"name":"CARDIOLOGIA AMBULATORIALE","volume":"15 1","pages":""},"PeriodicalIF":0.0000,"publicationDate":"2023-09-04","publicationTypes":"Journal Article","fieldsOfStudy":null,"isOpenAccess":false,"openAccessPdf":"","citationCount":"0","resultStr":null,"platform":"Semanticscholar","paperid":null,"PeriodicalName":"CARDIOLOGIA AMBULATORIALE","FirstCategoryId":"1085","ListUrlMain":"https://doi.org/10.17473/1971-6818-2023-2-6","RegionNum":0,"RegionCategory":null,"ArticlePicture":[],"TitleCN":null,"AbstractTextCN":null,"PMCID":null,"EPubDate":"","PubModel":"","JCR":"","JCRName":"","Score":null,"Total":0}
引用次数: 0
Abstract
Studi di popolazione hanno evidenziato un incremento dell’incidenza di tromboembolismo venoso (TEV) nei pazienti neoplastici in corso di trattamento con farmaci antitumorali. Sono state condotte ricerche cliniche allo scopo di chiarire il possibile ruolo di singoli agenti antitumorali nella modulazione del rischio di TEV, riscontrando fra essi alcune differenze. Gli studi disponibili presentano diversi limiti: non consentono un confronto diretto tra molecole poiché gli schemi di trattamento si basano generalmente su combinazioni di farmaci e spesso per ricavare dati su una singola molecola è necessario estendere lo studio a tumori di tipologie, sedi o comportamento biologico differenti; inoltre è probabile che alle differenze riscontrate contribuisca un rischio di TEV già di per sé aumentato nei pazienti in fase avanzata di malattia. Una possibile strategia per limitare l’incidenza di TEV potrebbe essere quella di sottoporre i pazienti oncologici in trattamento antitumorale a profilassi antitrombotica primaria. Per tale profilassi non esiste attualmente una raccomandazione solida, in virtù di dati contrastanti, sia sulle terapie con eparine frazionate che con farmaci anticoagulanti orali diretti (DOAC), sul rapporto fra il beneficio in termini di prevenzione degli eventi tromboembolici sintomatici ed il rischio di sanguinamenti maggiori o clinicamente rilevanti. L’introduzione in commercio di inibitori del fattore XIa, dei quali sono in corso studi di fase 2, potrebbe modificare lo scenario attuale. Un problema che sta acquisendo rilevanza sempre maggiore è quello delle possibili interazioni farmacologiche fra i farmaci anticoagulanti orali e i farmaci antitumorali. In questo senso, l’utilizzo dei DOAC può essere vantaggioso rispetto a quello degli inibitori della vitamina K, nonostante una potenziale maggiore difficoltà nel controllo delle interazioni, qualora presenti, dovuta al fatto che il dosaggio plasmatico dei DOAC non viene normalmente sottoposta a monitoraggio. Le interazioni fra i DOAC e i farmaci antitumorali sono state ipotizzate sulla base dell’azione su molecole coinvolte nella farmacodinamica di entrambe le categorie di farmaci, quali la glicoproteina-p (P-gp) o il citocromo CYP3A4; pur non essendo mai state studiate in vivo, è necessario prendere in considerazione la possibilità di tali interazioni nella pratica clinica. Alcune opportunità per affrontare il problema sono rappresentate dal dosaggio plasmatico dei DOAC e dalla somministrazione dei due farmaci in momenti il più possibile lontani nella giornata.