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Abstract
La cattedrale di Capua, pesantemente trasformata in seguito ai danni bellici, era dominata fino alla prima meta del XVIII secolo da un mosaico absidale commissionato dal vescovo Ugone (1129-1135). Noto da testimonianze grafiche Seicentesche, era presentato dagli eruditi locali come una sintesi dei mosaici absidali delle tre principali chiese paleocristiane perdute dell’antico centro (Santa Maria Maggiore, SS. Stefano e Agata e San Pietro in Corpo): una tesi che ne fece, ante litteram, un prodotto artistico della riforma gregoriana. Lo studio della reliquia iconografica del mosaico ugoniano rispetto ai suoi pretesi modelli paleocristiani consente di relativizzare la lettura e di interpretarla alla luce del contesto capuano sei e settecentesco. Enfatizzando il legame tra l’antica e la nuova Capua in un particolare momento politico-ecclesiastico, il mosaico di Ugone offre nuovi argomenti per una revisione del mito storiografico dell’arte della riforma.