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Abstract
Incandescenti e apodittici, i corpi delle improvvisatrici hanno rappresentato un fenomeno di spiccata intermedialità tra Sette e Ottocento, caricandosi di valori culturali estesi che sono stati valorizzati dalle recenti ricerche multidisciplinari. Ripensati come documenti viventi, come luoghi cioè di una performance che è messa in scena di sé nelle forme di un dialogo continuo con il pubblico, con la tradizione, con le convenzioni sociali, con i generi, quei corpi inviolati non hanno ancora smesso di parlare, di interrogarci nella loro atemporale eloquenza. Quest’intervento intende sondare alcuni aspetti del corpo-voce delle poetesse improvvisatrici attraverso fonti documentarie letterarie e iconografiche, partendo, in particolare, da alcuni celebri ritratti realizzati da Angelica Kauffmann per arrivare alla statuaria celebrativa e alla memoria trasmessa dalle cronache degli spettacoli, dalle recensioni, dagli egodocuments, al fine di mettere in luce la costruzione di un’identità pubblica dentro e fuori le scene.