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Abstract
Con la bolla Moyses vir Dei, che usava l’esempio della rivolta sediziosa dei leviti Core, Datan e Abiron contro Mosè e Aronne per denunciare l’errore eretico e scismatico del concilio di Basilea, Eugenio IV sferrava un violento attacco contro la tradizione conciliarista che aveva trovato espressione nei decreti di Basilea, in particolare ribaltandone uno degli argomenti chiave: la clausola della deponibilità del papa per eresia, attraverso il quale i padri conciliari, sin da Zabarella a Pisa, avevano affermato la superiorità del concilio sul pontefice. Attraverso un percorso diacronico che da Ockham, passando per Zabarella, D’Ailly e Gerson, arriva sino a Ragusa e Segovia, viene così restituita l’importanza del problema del papa eretico e dell’ermeneutica della Causa XXIV, Quaestio I, C. Didicimus, per la giustificazione delle pretese conciliari prima di Pisa, poi di Costanza e infine di Basilea.