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Abstract
Negli scorsi decenni abbiamo assistito ad un processo di accelerazione centrifuga rispetto alla molarità statuale. Da un lato, tale accelerazione ha generato un interessante polimorfismo di valori, visioni del mondo e forme di vita, liberando quelle energie sociali e politiche che hanno contribuito e contribuiscono alla ridiscussione radicale dei più profondi presupposti del vivere comune. Dall’altro, tale carica liberogena si lega, come è ovvio, –insieme come causa e risultato– ad una crescente incertezza individuale e collettiva. Viviamo insomma in un’epoca panica, che per molti aspetti ricorda proprio quella stagione barocca, che fece da crogiolo alla nascita degli Stati moderni e all’equilibrio Westfaliano. Il rischio è che di fronte al contemporaneo vuoto di risposte, resti la valorizzazione economica offerta dalla logica governamentale l’unica sponda di senso disponibile, con tutto il suo precipitato di sfruttamento e alienazione. È forse possibile ritrovare nella tensione metastorica fra barocco e classico una possibile linea di equilibrio fra dinamismo Istituente e stabilità dell’Istituito?